Ferramonti di Tarsia - Il ricordo della Shoa ancora una volta è stato celebrato. In silenzio e con il massimo raccoglimento. La tradizionale Giornata della Memoria, quella per non dimenticare l'olocausto, la grande tragedia che la storia dell'uomo oggi deve ricordare per non commettere gli scempi del passato, si è compiuta. Il “luogo” sicuramente più rappresentativo per questa ricorrenza è l'ex Campo di Concentramento di Ferramonti di Tarsia, il più grande campo di internamento fascista in Italia, che negli anni che vanno dal 1940 al 1943 ha “ospitato” circa tremila ebrei. Proprio qui, ieri mattina, la mente ha lasciato spazio alla meditazione e ed al ricordo, grazie al grosso lavoro organizzativo messo in atto dalla Fondazione Museo Internazionale della Memoria Ferramonti di Tarsia, presieduta da Francesco Panebianco, ed alla collaborazione dell'amministrazione comunale e provinciale oltre che della Pro Loco. La giornata si è aperta con la proiezione di un filmato su Ferramonti, in cui oltre a varie foto storiche si è potuto vedere un video registrato dai soldati inglesi all’indomani della liberazione del campo. Come di consueto, un ospite d'onore ha reso aulico il momento. Quest'anno a “far ritorno” nel campo, infatti, è stata giornalista ottantacinquenne ebrea Edith Fischhof Gilboa, figlia di ex internati, che trascorse sei mesi a Ferramonti nel 1941. L'ex prigioniera, che attualmente vive in un paesino vicino Tel Aviv, ha raccontato la propria esperienza calabrese, bene impressa nei ricordi, con lucidità e chiarezza. Un ritorno al passato pieno di sofferenza, per lei ed i suoi familiari, che ha segnato profondamente la sua vita. Infatti, ha raccontato, “seppur Ferramonti non era Auschwitz, si viveva nello strazio fra le malattie e la fame”. Evidentemente commossa, Edith Fischhof Gilboa ha raccontato degli aiuti e del sostegno ricevuti dagli italiani, ma soprattutto della coscienza “di essere vittime di qualcosa che non era giusto”. «Eravamo considerati inferiori e diversi, venivamo privati di ogni cosa. Ci veniva tolta la libertà e venivamo spediti nei campi di concentramento». La donna ha poi raccontato di essere venuta a conoscenza dei campi di sterminio solo diverso tempo dopo (la nonna venne cremata ad Auschwitz), mentre la sua esperienza italiana (allora era appena quindicenne) si è consumata in maniera decisamente più leggera. Ha infine ricordato la generosità del direttore del campo, sottolineando che le nuove generazioni devono sempre portare alto il messaggio di solidarietà e di pace. «Solo attraverso il ricordo -ha concluso- riusciremo ad evitare le tragedie della seconda guerra mondiale». Dal canto suo Panebianco ha ribadito il messaggio del “non dimenticare le assurde indecenze commesse in nome dell'antisemitismo”. Il primo cittadino Antonio Scaglione sottolineato il proprio impegno nella direzione del recupero e del miglioramento dell'area. Infatti sono in corso i lavori di ristrutturazione che dovrebbero terminare per il prossimo 25 aprile. A fine giornata, alla presenza dei sindaci del comprensorio e varie autorità, è stata deposta una corona di allori al monumento dedicato ai deportati.
Emanuele Armentano
Nessun commento:
Posta un commento