La criminologa Raffaella Amato commenta la recrudescenza del fenomeno in atto nel territorio jonico
I gravi fatti di sangue verificatisi nei giorni scorsi a Corigliano, ma anche nella vicina Cariati, hanno destato notevole allarme nella comunità jonica e nel comprensorio. I cittadini sono naturalmente spaventati e ognuno si interroga: cosa c’è dietro a tale recrudescenza della violenza da parte della criminalità organizzata? Può essere utile, pertanto, fare qualche riflessione sul fenomeno della ‘ndrangheta purtroppo sempre di stretta attualità nella martoriata regione calabrese. Lo facciamo insieme ad una nostra concittadina, Raffaella Amato, che oltre a svolgere la professione di avvocato in Corigliano fa parte dell’organico del Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro come specialista in Criminologia Clinica. “Di fatto la mafia calabrese non risulta essere, come accade di solito, una associazione unitaria a struttura gerarchica ma vede operare al proprio interno gruppi autonomi, organizzati in maniera indipendente tra loro, le cosiddette ‘ndrine. Queste, pur essendo formate da singole famiglie, consentono comunque – spiega Raffaella Amato – l’inserimento di soggetti esterni che, una volta ammessi, divengono parte della stessa struttura. La ‘ndrangheta dispone di veri e propri codici disciplinari che, oltre a dettare norme riguardanti la propria struttura regolano in modo minuzioso l’amministrazione interna della giustizia. Questo substrato “valoriale” viene poi sapientemente strumentalizzato dall’organizzazione criminale per accaparrarsi il consenso sociale, soprattutto sul terreno delle carenze statuali. Mentre in Sicilia e in Campania lo Stato è apparso comunque storicamente presente, in Calabria è stato al contrario sempre percepito come lontano. Questo purtroppo ha prodotto nei cittadini una perdurante diffidenza nei suoi confronti, che si è rivelato terreno fertile per l’innesto della deviata ideologia della ‘ndrangheta”. “Appaiono significativi a questo proposito i risultati di una recente ricerca sulla percezione sociale della ‘ndrangheta su 166 ragazzi delle medie superiori a Lametia Terme. È emerso chiaramente come gli intervistati non percepiscano chiaramente una reale contrapposizione tra Stato e criminalità organizzata, probabilmente dovuta all’operato ambiguo portato avanti dallo Stato in questi anni in alcuni aspetti della lotta alle organizzazioni criminali: primo fra tutti quello relativo alla questione dei “pentiti”. Problematica questa – ha aggiunto l’avvocato coriglianese – che da sempre suscita nei cittadini le opinioni più contrastanti: se in teoria le loro dichiarazioni sono importanti ai fini delle indagini, di fatto emerge il timore di un depistaggio di esse da parte dei collaboratori stessi, condotta questa che nella scala di valori mafiosa viene considerata meritevole di rispetto”. Queste, dunque, le riflessioni del triste, attuale, fenomeno da parte dell’avvocato Amato. E, nel frattempo, si registra una certa preoccupazione, nella comunità locale, per il grave fatto di cronaca verificatosi nei giorni scorsi in città, ossia il tentato omicidio nei confronti di un trentottenne pregiudicato del luogo; e analogo fatto si è verificato, dopo solo qualche ora, a Cariati. Sull’accaduto indagano i Carabinieri e vige il massimo riserbo, ma è necessario che le forze dell’ordine non siano lasciate sole in questo certosino lavoro d’inchiesta finalizzato ad assicurare alla giustizia i malfattori e riportare la serenità sul territorio.
da coriglianocalabro.it Fabio Pistoia
Nessun commento:
Posta un commento